4 modi + 1 per comprendere meglio come usare il digital nei progetti pharma. Tweet this
Come dice @pharmaguy, è difficile tenere traccia della spesa digital nel marketing farmaceutico, anche in vista delle modalità mobile.
Ma come aiutare i manager a maneggiare e conoscere, quindi adoperare meglio i canali digitali?
#1 Convertire i KPI
È molto semplice, per noi addetti ed alchimisti del settore, adoperare paroloni complessi e vuoti pur di non essere compresi e fare bella figura con il potenziale cliente. Basta parlare di metriche sconosciute ed il gioco è fatto. Rimbalzi, visite, unique, login mensili, permanenza, profondità, sembrano parole fatte apposta per confondere.
In realtà un motivo c’è. Così come in barca a vela ogni oggetto ha un nome ed, ad esempio, una “corda” (spero che nessun velista mi stia leggendo, “corda” non si usa mai), diventa di volta in volta: cordino, scotta, drizza, cima, sartia, cimetta, sagola. Questo perché il gergo si è evoluto in area stagna ed è necessario indicare con precisione non solo l’oggetto ma l’uso che ne è fatto. Questo accade anche nell’area web. Ma l’uso di metriche e parole che – peraltro sono estratte da altri usi comuni e confondono l’interlocutore – non favorisce la diffusione della cultura che diventa impenetrabile e respingente.
Convertire le attività che si prevede di fare in termini chiari, quindi, immediatamente interpretabili ed in uso nel marketing farmaceutico tradizionale è essenziale. Spingo i miei account a trasformare l’impatto che una campagna web ha in un linguaggio che è in uso nel pharma. Così che per Dottnet.it noi adoperiamo metriche tipo frequenza, media, pressione, FTE, target, schedario, area per indicare attività fatte su web. Abbiamo quindi introdotto competenze cross-channel tra i settori in grado quindi di parlare con il linguaggio “tradizionale” di progetti digitali.
Su questo il medico è più avanti dell’industria, come puoi leggere nell’articolo The third dimension in edetailing to pharma.
#2 Usare il canale digitale come un REP
Cosa ci si aspetta da un bravo informatore? Che “consegni” il “giusto messaggio” con la “corretta impostazione professionale”, dopo aver “compreso i bisogni del medico”, con “empatia”, “relazione”, “adattandolo” perché sia meglio “vissuto” dal medico.
Bene, se questo è quanto ci si aspetta da un bravo ISF, perché non considerare i progetti digitali in modo analogo? Un buon progetto digitale è in grado di mettere a disposizione del medico e, quindi a conoscenza del target, un gruppo seriale di informazioni scientifiche professionali su un prodotto e la relativa patologia. In fondo non è molto complesso rimodulare l’informazione che veicolerò con il digitale.
#3 Andare oltre il banner
Tempo fa ho avuto modo di parlare con un senior manager internazionale che ci era venuto a trovare per conto di una azienda farmaceutica ovviamente e, al termine della visita, si parlava dei progetti digitali che avevamo realizzato. Con chiarezza e franchezza ci ha detto che non ci credeva. Dopo oltre 15 minuti di spiegazioni fatti da me e dal mio direttore operativo sulle piattaforme digitali e il loro potenziale ci ha “confessato” il motivo per cui non ci credeva. Ha tirato fuori una survey internazionale “USA/Canada/Europa” sul medico e sul percepito digitale, effettuata l’anno prima da una importante compagnia di consulenza, nella quale venivano messi, uno dopo l’altro in ordine di interesse ed accettazione, i canali ed i mezzi che il medico prediligeva per l’informazione scientifica.
Cosa vi aspettate? Primi erano i congressi internazionali e nazionali, poi venivano i workshop, poi le formazioni strutturate, poi l’informazione scientifica frontale e di seguito gli altri mezzi. Quasi ultima, poco prima del marketing diretto spedito per post,a veniva il banner. Ok, ci siamo, abbiamo detto, siamo tutti d’accordo. Il problema era che il manager vedeva il digitale come “il banner”. Guardate l’analisi attuale e confrontatela: il 60% dei manager confessa che ancora oggi il banner è una pratica standard!
#4 Usare il mezzo, il canale e l’agenzia giusta
Per molti l’insuccesso su web è costato caro. La creazione di un sito, gli aspetti regolatori, la grafica, i contenuti… ma poi dopo mesi gli accessi erano pochissimi ed il progetto è fallito. In altri casi, l’insuccesso è nato dalla spedizione di una mail con un PDF a target non visitati. Potremmo citarne ancora.
La ricetta resta comunque sempre la stessa. Il mezzo è parte della comunicazione e la comunicazione è parte del piano marketing complessivo. Quindi non è possibile destinare una quota del budget di spesa senza aver potuto pianificare l’outcome, ovvero i risultati attesi. Se quindi la pianificazione è giusta questa deve prevedere l’allocazione del budget sul giusto mezzo digitale (il motto è sempre: “Pesca dove sono i pesci”).
La pianificazione del mezzo è importante quanto prima poteva essere fare la pubblicità sulla rivista giusta, per scegliere la quale valutavamo migliore quella: letta da tutti i medici, di grande valore percepito dai professionisti, puntuale, infine con bella carta patinata. Su quella su cui avevamo deciso di investire, la posizione, se l’ADV era copertina o se pagina interna, destra o sinistra erano poi importanti.
Allo stesso modo, sul web bisogna scegliere la migliore testata, molto letta, ottimi contenuti e scegliere la posizione migliore. Farsi aiutare a scegliere, farsi aiutare nei modelli di impatto e relazione è compito dell’agenzia editoriale a cui vi rivolgete.
Su Dottnet.it intendiamo mettere insieme la parte giornalistica con quella scientifica: è un duro lavoro ma porta grandi soddisfazioni.
Bonus
Il contenuto è la chiave del successo su internet, non lo dimentico mai. Content is the king. È inutile girarci intorno. Se pensate che il vostro contenuto, valido sulla carta e per l’ISF, sia valido anche su web, sbagliate. Ogni mezzo richiede il contenuto giusto.
Tu come approcci il digitale?