Marketing vs. ufficio legale. Chi vince e chi perde

Gli uffici legali nelle imprese farmaceutiche hanno un ruolo fondamentale perché ne garantiscono il  loro corretto funzionamento. Molto spesso però possono rappresentare anche un freno all’innovazione.

In relazione ai compiti che ha un ufficio legale, recentemente mi sono trovato nella duplice veste di cliente e fornitore.

Da cliente di una banca mi sono imbattuto in un caso paradossale: il modulo che mi è stato sottoposto – messo a punto evidentemente dall’ufficio legale – era quanto meno stravagante, come si può notare dalla foto. Che ne dite, rientro tra i vivi o sono già nel mondo dei più mentre stipulo la polizza?

E’ possibile che vi sia una norma che preveda una dichiarazione del genere? C’è forse una legge che presume che non sia possibile stipulare una polizza a chi è già morto? E’ più probabile che chi ha steso la contrattualistica ha cercato di immaginare tutte le ipotesi e le varie fattispecie, ma il risultato, oltre ad essere ilare, non tutela ne il cliente ne la banca se si fa firmare un modulo così impostato. Tuttavia la dichiarazione è stata prevista visto che non costi aggiuntivi. Ma nel marketing non è così.

E veniamo al secondo caso, cioè nel mio ruolo di fornitore. Ho gestito contratti con diversi uffici legali, spesso impegnativi e faticosi, anche su temi poco rilevanti, ma nell’ultimo episodio avvenuto pochi giorni fa i legali di una multinazionale farmaceutica hanno dato l’autorizzazione all’outsourcing di attività “core” ad un mio competitor che non ne aveva i requisiti oggettivi. Naturalmente per effettuare le attività aziendali occorre possedere una serie di  competenze oggettive , tecniche, di compliance a leggi e questi stessi requisiti sono obbligatori per coloro che svolgono queste attività come outsourcer. Questo è ovvio anche perché, in caso contrario, l’azienda potrebbe spogliarsi di obblighi facendo outsorcing,  e ciò non è vero. La scelta del vendor deve essere assolutamente in linea con gli obblighi ed i requisiti che il contraente ha. Il marketing, dal canto suo, era consapevole che il fornitore non aveva i requisiti ma non ha voluto contrapporsi.

Nel marketing scegliere il fornitore di servizi, in particolare per quelli innovativi, è una attività chiave, e garantirsi che questi sono assolutamente in linea con la legge è il nodo iniziale. In questo contesto l’ufficio legale ha un ruolo di grande rilievo ma il marketing non ha saputo far valere le proprie ragioni.

Nei due casi, da cliente della banca e da fornitore ad un’azienda, mi sono trovato nel primo  a firmare un documento assolutamente inutile che non offriva garanzie alla banca, e nell’altro a non poter competere correttamente in quanto l’interpretazione dei requisiti da parte dell’ufficio legale era troppo dilatata. In entrambi i casi il marketing non ha interagito con l’ufficio legale, non ha fatto sentire le proprie ragioni, non ha tutelato il proprio cliente per ottenere  “il successo dell’iniziativa”.

Collaborare strettamente con l’ufficio legale può consentire al marketing non solo di chiarire alcuni punti di vista diversi, quanto piuttosto mettere l’accento sui temi che sono a cuore alla stessa funzione: la tempestività d’azione, la qualità del fornitore, la gestione della fase contrattuale, i passaggi chiave di interesse dell’azienda, le alee di rischiosità del progetto, i possibili errori, i limiti legislativi, le norme dubbie.

Nell’uso di modelli innovativi, nelle nuove modalità di contatto che il mondo oggi ci chiede questo risulta  ancora più vero, sia per tempestività di azione, che nella tutela dei rischi. L’e-detailing, ad esempio, è un progetto che può essere complesso, spesso viene seguito sia dall’ufficio legale che dal marketing: chi vince e chi perde?

Il modo più semplice ed inutile di tutelare l’azienda è non far agire: bloccare tutto ciò che è appena dubbio. Il modo più imbarazzante ed inefficace è non centrare i temi chiave, cioè assumere rischi che possono essere evitati.

L’ufficio legale non è tenuto a predisporre moduli, ma insieme al marketing trasformare i momenti di interazione con clienti e fornitori in opportunità. Il marketing non deve, a sua volta,  lamentarsi in silenzio, ma insieme all’ufficio legale ha l’obbligo di trovare tutte le soluzioni e le alternative per poter realizzare il progetto nel modo migliore.

Non è guerra, è cooperazione.

Salvatore Ruggiero

Un secchio d’acqua fresca che inquina il pozzo

Una passeggiata serale nelle vie del centro mi ha dato modo  di constatare come il commercio nei momenti di difficoltà può, con poche e inappropriate mosse, inquinare la propria fonte di reddito: il consumatore. Due settimane fa, ovvero quasi quindici giorni prima dell’inizio dei saldi estivi, ho dato un’occhiata alle vetrine. La stragrande maggioranza  dei negozi aveva già esposto, in modo più o meno palese, lo sconto sulla merce, in barba all’inizio dei saldi. Gli operatori commerciali credono che eludendo le regole possano ricavare profitti maggiori?

Le foto sono di un singolo tratto di strada.

Per un secchio d’acqua fresca, per un giorno di saldi anticipati fuori norma, magari per  un paio di prodotti venduti scontati, i commercianti stanno inquinando il pozzo della credibilità ed hanno minato la fiducia nel prezzo fisso fino a fine stagione. Il pozzo inquinato non darà più acqua fresca, a causa di un secchio d’acqua tirato su al momento sbagliato.

Il motivo del saldo è chiaro: all’approssimarsi di una nuova stagione la moda cambierà e i prodotti resteranno invenduti. Finita la stagione i prodotti rimasti in magazzino rappresentano  un costo fisso che la svendita  permette di smaltire velocemente con l’obiettivo di ottenere ricavi da ciò che era diventato un inutile immobilizzo.

Quando però gli sconti sono anticipati ed eccessivi provocano nel consumatore una perdita di credibilità e soprattutto una forte contrazione dei profitti senza un significativo incremento di vendite. Vediamo perché:

1° effetto: il consumatore dovrà attendere meno  per avere la merce a prezzo di saldo e ciò genererà una rincorsa a chi inizia prima gli sconti. La credibilità del sistema, di conseguenza, crolla e così per arraffare il minimo di profitto senza il rischio di arrivare per ultimi,  ogni commerciante si sentirà in obbligo di avviare una campagna prima degli altri, con un circolo vizioso senza limite. Dal fronte del consumatore s’innesca un altro meccanismo vizioso, ovvero si alimenta, con lo sconto, un’aspettativa di ulteriori ribassi col risultato che si ritarda l’acquisto, come spesso accade nell’elettronica di consumo e nell’automotive.

2° effetto:  a parità di  vendite, con un mark up del 200% applicare uno sconto del 50% fa crollare il mark up al 50%, conservandone tuttavia i  costi e facendo crollare il margine complessivo. Poiché i saldi non fanno vendere di più, ma aiutano ad esaurire il magazzino, la merce venduta puntando solo sulla quantità  resta invariata ed i margini crollano.

Lo sconto è, dunque,  un’arma pericolosa nel marketing, può inquinare il pozzo dove preleviamo l’acqua provocando l’impossibilità di far risalire il prezzo, come è successo per  alcuni prodotti  distrutti, in termini di profitti, da aziende che hanno ritenuto di abbassare i prezzi con l’assoluta certezza di non poterli più aumentare.

Nel farmaceutico, dove il mercato è fortemente  ingessato, prima di abbassare i prezzi domandiamoci se aumenteremo i nostri volumi in maniera stabile e se il mercato è davvero elastico. La forte contrazione dei prezzi è un’arma che non arricchisce nessuno, nemmeno il consumatore che invece è tutelato da una corretta concorrenza. Il prezzo, e lo sconto, è un’arma per raggiungere fatturati che va usata solo in casi molto particolari e limitati.

Quando facciamo uno sconto alla distribuzione intermedia, ad esempio, siamo sicuri che raggiunga la farmacia e poi il consumatore?

Siamo ragionevolmente sicuri che questo non provochi solo un push ai distributori e che questi non ne facciano profitto vendendoselo tra colleghi?

Abbiamo messo in moto uno strumento di controllo della filiera (tipo trasfer order) per garantire che questo sconto raggiunga almeno la farmacia?

Di quanto farà aumentare le vendite in modo stabile e continuativo presso il farmacista se non possiamo tracciare dove sarà applicato?

Lo stesso mancato profitto è stato un costo puro che ha avuto un grande impatto sul margine complessivo: non si poteva investire in attività promozionali o investirne una minima parte per tenerne sotto controllo il percorso?

Lunga vita al brand

Molti di voi, suppongo tutti quelli che hanno superato gli “anta” ricorderanno la Philco, marchio di elettrodomestici diventato famoso negli Anni ’60 grazie ad una serie fortunata di carosello con Nino Manfredi.

Qui ne trovate un simpatico esempio: http://www.youtube.com/watch?v=3rYWoEeTjBE

Tuttavia, come è accaduto a tanti nomi famosi di quegli anni, dopo un susseguirsi di cessioni o di trasformazioni la Philco è di fatto scomparsa dal mercato da circa 20 anni. Passeggiando ho  trovato una vecchia insegna del glorioso marchio all’esterno di un negozio e ciò mi dà lo spunto per parlare del valore che possiede un brand.

Immagine

A seguito di merge and acquisition la gran parte delle Big Pharma si è trovata nel listino decine o addirittura centinai di brand tra etici, integratori, ospedalieri, con le relative formulazioni. Inoltre, per far fronte all’avanzata dei generici la gran parte delle case farmaceutiche  ha arricchito il proprio listino con divisioni di “generici a marchio”, combattendo così la guerra dell’equivalente sul suo stesso terreno. L’immediata conseguenza di questa politica è stata la contrazione degli investimenti sui farmaci maturi trattandoli tutti, indifferentemente, come cash cow, a volte senza un’analisi delle singole caratteristiche del medicinale e delle  dinamiche del mercato.

La logica contrazione delle vendite ha poi condannato  molti prodotti, il cui fatturato complessivo sarebbe stato invece per una piccola o media azienda una tigre da cavalcare, ad un ruolo marginale. Tra l’altro in diversi casi il marchio era conosciuto ma solo nelle singole nazioni dove era commercializzato, per cui, secondo le dinamiche di una grande multinazionale, questi farmaci erano considerati irrilevanti pur avendo fatturati anche di 5 milioni di euro, condannandoli così all’esaurimento per consunzione e quindi alla fine della produzione.

Questa insegna della Philco ci suggerisce quanto sia sbagliato questo atteggiamento:  il brand è prezioso e dura anche molto più dei manager. Ha un valore intrinseco duraturo che gli permette di superare le barriere del tempo e di continuare a vivere nel percepito del consumatore per anni. Inoltre il brand diventa parte integrante del proprio vissuto e può essere rivitalizzato con risultati economici brillanti. E’ necessario analizzarlo e comprendere i significati che porta con sé, studiarlo oltre il posizionamento che ha avuto in origine ma analizzarne l’attuale percepito e valorizzandone gli elementi distintivi.

I brand forti, secondo la mia piccola esperienza, hanno poi un gran dono: sono molto responsivi, “risuonano” se toccati opportunamente come un diapason ed emettono un suono chiaro e squillante. Il brand è vivo e produttivo e può sopravvivere all’eutanasia: lasciamoli vivere e fruttare.

E poi: avete notato gli altri marchi vicini a Philco? Singer e Permaflex, anche loro condannati ad una morte prematura.

L'informazione scientifica è sotto osservazione a Camerino

Si è svolto venerdì 8 giugno presso l’Università di Camerino il convegno “Informatore Scientifico sul Farmaco: un ruolo in rapida trasformazione” organizzato dallo stesso ateneo nello storico salone degli Stemmi.

L’affollato appuntamento – oltre un centinaio gli studenti, ma anche professori e addetti ai lavori – ha visto al centro dei lavori il ruolo dell’informatore medico alla luce di nuovi e importanti cambiamenti che stanno interessando la professione.  Negli ultimi anni, infatti, la figura dell’informatore è stata in parte stravolta  dalla necessità delle case farmaceutiche di contenere i costi, dalla scadenza brevettuale di molti prodotti blockbuster, dalla revisione della spesa del servizio sanitario nazionale, da nuovi e più efficaci sistemi di comunicazione.  E’, senza dubbio,  un momento difficile  per l’informazione scientifica, un settore in cui le condizioni di mercato hanno portato le aziende farmaceutiche non tanto ad una riduzione del fatturato ma ad una contrazione dei margini.

Prima conseguenza è stata l’introduzione di un nuovo  modello di business e di un nuovo e rivoluzionario approccio alla comunicazione  con la classe medica. I relatori hanno convenuto che la forte contrazione delle reti di informazione è anche dovuta al fatto che queste erano in precedenza in numero eccessivo. Ma la domanda cui eravamo chiamati a rispondere era sul futuro che si profila ai neolaureati in informazione scientifica del farmaco. Che  ci sarà, certo, ma sarà anche completamente diverso dal passato.

Noi di Merqurio abbiamo  mostrato ai giovani studenti  i nuovi modelli di informazione scientifica del farmaco quali l’e-detailing, il phone-detailing, la CSO, argomenti che hanno raccolto da parte dei futuri laureati grande interesse e coinvolgimento.

Il Cav. Benanti della SIFI ha narrato la realtà di una azienda familiare di terza generazione in un mercato sostanzialmente consolidato, con modalità di interazione di fiducia con il medico costruite nel tempo.

La relazione di Stefano Reggio della Baxter ha stimolato i giovani presentando un primo quadro della complessa realtà del market access: certamente uno degli ambiti di pieno sviluppo della professione dell’informazione nel quale sono richieste particolari doti di empatia ed esperienza.

Daniele Recchi, direttore dell’informazione scientifica dell’Angelini, ha coinvolto gli  studenti presentando le modalità di selezione, formazione, misura e controllo che questa azienda attua per la sua rete facendo comprendere la cura e l’impegno che una azienda di successo pone nella costruzione e nello sviluppo delle competenze degli uomini sul campo.

La Sifo con il delegato Massimo Fioretti, ha poi esposto le proprie necessità  in termini di informazione scientifica, mostrando come il farmacista ospedaliero può essere sia un destinatario che un latore di aggiornamento scientifico nell’ambito della struttura ospedaliera.

Infine i ragazzi hanno potuto, con la relazione di Francesco di Liscia e di Gaetano Falcone di Cegedim,  avere una panoramica di come un isf si relaziona con l’azienda attraverso le piattaforme informatiche ed informative e come queste possono aiutare nella propria attività lavorativa quotidiana.

Nel complesso i giovani  laureandi hanno avuto  un quadro trasparente e preciso della direzione che la professione sta prendendo e quali sono le richieste che il mondo del lavoro farà loro: professionalità e capacità comunicative, in particolare.  Ma ogni relatore ha voluto sottolineare che è una professione che va amata e non può essere fatta per ripiego.

A mio giudizio ciò che emerge è l’impegno della facoltà di Camerino e per i docenti Francesco Amenta, Claudio Pettinari, Fabrizio Galeazzi e Vittorio Sportelli, a comprendere i bisogni formativi richiesti dal mondo del lavoro, ad avvicinare i due mondi per sviluppare potenti sinergie collaborative,  ad occuparsi non solo di ricerca e formazione ma anche dello sviluppo lavorativo dei futuri laureati. Questa comprensione delle attese dell’industria permette di formare studenti con competenze più rispondenti agli effettivi bisogni, dimostrando come “la rocca” di Camerino non sia affatto isolata con la realtà che la circonda, ma impegno e motore di nuovi e importanti sviluppi accademici.

locandina

relazione

Recensione: "Introduzione al mercato farmaceutico"

Prima di avventurarvi nella lettura di questa mia recensione, mi occorre informarvi che potrebbe esserci un conflitto d’interessi. Il motivo? Eccolo: conosco personalmente l’autore, Carlo Ranaudo, perché, oltre ad averne una grande stima professionale, mi ha coinvolto nel  corso di laurea di informazione scientifica del farmaco che ha, come docente,  presso la Facoltà di farmacia della Federico II di Napoli. Ed è appunto per l’occasione che mi ha consegnato una copia dell’opera: “Introduzione al mercato farmaceutico, analisi e indicatori” (Maya Idee Edizioni, Verona, 222 pagine, euro 18,50), un libro che colma un vuoto che esisteva finora nella letteratura corrente di settore.

Il testo, pensato dall’autore come guida per gli studenti, in  dieci capitoli riassume tutto ciò che c’è da sapere nel campo del mercato del farmaco. Un comparto, per chi ci lavora ma anche per coloro che lo seguono per documentarsi o per semplice interesse, senza dubbio appassionante con quell’insieme di regole che lo trasformano, piuttosto che ingessarlo, in uno spazio dinamico dove il ruolo principale spetta alle competenze.  Conoscere le regole è la chiave per comprenderne le dinamiche ed attivare approcci innovativi.

Per questo motivo, come dicevo, il testo di Ranaudo dà finalmente una risposta a tanti interrogativi: può essere adoperato come libro di testo o come desk reference, ogni argomento è trattato con grande attenzione ai particolari, alle norme e all’intero mercato farmaceutico. Di notevole interesse, tengo a sottolinearlo, è la sezione nella quale Carlo Ranaudo ci guida tra gli indicatori di prestazione e di attività. Noi sappiamo che non c’è progetto di marketing o di vendite che non abbia  una corretta metrica di misura. Tuttavia non abbiamo la certezza  di essere edotti a sufficienza su questi indici e su come  usarli correttamente, per cui, coloro che, per esempio, come direttori vendite o capo area li utilizzano frequentemente, troveranno nell’accurato lavoro di Ranaudo una risposta chiara su come destreggiarsi tra cifre e analisi, tutte approfondite con particolare meticolosità ma con altrettanta chiarezza.

Insomma, un’importante guida che rappresenta senz’altro un punto di riferimento anche per quanti sono  avvezzi alla materia, che così potranno  avere un unico strumento di consultazione. Un testo, in conclusione, di rilievo nel panorama del mercato farmaceutico, ben scritto, ottimamente supportato da grafici e figure, e con una mole d’informazioni in grado di soddisfare non solo gli studenti, iniziali destinatari del volume, ma anche  quanti lavorano nel marketing del farmaco che, dal punto di vista editoriale risultava, fino alla pubblicazione di “introduzione al mercato farmaceutico”, ancora poco esplorato.

Vincono le locuste

Scusate se vi parlo di finanza, ma mi piacerebbe condividere alcune riflessioni che ho fatto in questi giorni. Anzi, una breve ricerca partendo dai fatti.

La Grecia ha circa: 10mio popolazione, un Pil di 301.000 miliardi per 27.000 euro di reddito pro capite annuo

L’Italia ha circa 60 mio popoloazione, un Pil di 2 mio miliardi per 33.000 euro di reddito pro capite annuo

La Germania: ha circa 80 mio popoloazione, un Pil di 3,5 mio miliardi per 43.000 euro di reddito pro capite annuo

L’Argentina, nell’anno della crisi e della svalutazione era 37 mio popolazione, un Pil di 102 miliardi per un reddito di 3.000 euro pro capite annuo.

Il problema della grecia è dei greci, che oggi non sono consapevoli di cosa comporta una svalutazione ed una uscita dall’euro: probabilmente il reddito pro capite annuo potrebbe per i prossimi anni nel loro paese essere paragonabile a quello argentino nella crisi, ovvero 10 volte inferiore a quello attuale.

Il problema è forse dell’Italia che ha una immagine all’estero di scarsa stabilità, anche se il Pil greco è quello di 5 milioni di abitanti di una area produttiva italiana.

Il problema non è europeo, in quanto il Pil greco nell’eurozona è inferiore all’1%.

Ma il mio punto di vista è che la svalutazione greca consentirà ancora una volta alle locuste finanziarie di vincere, queste non investono in attività produttive ma muovono capitali per divorare ciò che è più debole, partendo dal basso e, diventando sempre più forti e potenti, passano a bruciare ciò che c’è più in alto, e poi più in alto ancora. Sempre più grasse e forti, sempre più determinate e potenti.

L’articolo settimanale di Walter Riolfi sul Sole24Ore: siamo fuori dagli interessi finanziari in quanto gli investitori hanno già deciso che la Grecia va fuori dall’Euro e hanno già deciso che la BCE non è abbastanza forte.

Il profitto finanziario oggi così ricco assorbe investimenti produttivi e mercantili e tutto il mondo diventa più povero.

Meno investimenti, più leve finanziarie: i ricchi più ricchi,  i poveri più poveri.

Non sotto il mio regno

Da anni l’argomento del lento cambiamento del mercato farmacia e delle abitudini mentali dei titolari tiene banco. La gran parte delle volte però le acute riflessioni sull’adattamento alle dinamiche del mercato “consumer e grande distribuzione” e quelle di evoluzione dei servizi resi dalla farmacia al cittadino, si scontrano.

Vorrei mettere in evidenza alcuni aspetti recenti.

L’affluenza alla fiera Cosmofarma appena conclusa è stata largamente inferiore a quella degli scorsi anni e l’attrattiva e l’interesse che gli operatori e gli investitori hanno avuto non ha ripagato gli sforzi commerciali.

L’iniziativa decisamente astuta di farmaCHL, con la spedizione di una missiva a tutti i farmacisti paventando aperture nelle contiguità di ogni singola sede farmaceutica  (pubblicata a fianco) lascia sinceramente sorpresi.

L’apertura di oltre 3.500 farmacie e più nel brevissimo volgere del prossimo anno grazie al decreto in corso. (vedi il dettaglio in filmato)

Il decreto “delisting” che di fatto ha lasciato le parafarmacie fuori dal mercato includendo solo pochi otc alla lista dei prodotti che sono vendibili nei corner.

Il decreto servizi del 16 dicembre 2010 che avrebbe potuto spingere nella direzione del progressivo cambiamento della modalità in cui la farmacia approccia il proprio territorio ed il cittadino paziente, che è invece resto nella gran parte dei casi, sulla carta inapplicato.

Il numero crescente di farmacie in difficoltà finanziarie a causa: dei ritardi di pagamento delle strutture sanitarie, una riduzione generale dei margini lordi, una pressione di continua crescita delle immobilizzazioni di magazzino, la contrazione del credito.

Le facoltà di farmacia da sempre non formano in modo sufficiente sui temi della gestione aziendale gli studenti futuri titolari e collaboratori.

Ebbene tutti questi elementi concreti, che vanno oltre la mia valutazione personale, possono essere letti con una chiave comune.

La farmacia che non cambia in un mercato che è  in mutamento viene messa in difficoltà.

La necessità di guidare imprenditorialmente l’azienda farmacia è un must e le competenze commerciali e gestionali non le sono proprie. Nei prossimi anni il processo di accelerazione porterà nuove difficoltà e nuove opportunità in farmacia. I titolari e le aziende farmaceutiche ne sono consapevoli ma operano come se ciò non dovesse avvenire sotto il proprio regno e attendono segnali ancora più evidenti. I prossimi saranno più preoccupanti ed il regno sarà in pericolo.