Momento: the Cluetrain Manifesto

The Cluetrain Manifesto

 mercati online …I mercati online cominciano a organizzarsi da soli molto più rapidamente delle aziende che tradizionalmente li rifornivano.
Grazie alla rete, i mercati diventano più informati, più intelligenti e più esigenti rispetto alle qualità che invece mancano nella maggior parte delle aziende.
… gente della Terra Il cielo è aperto verso le stelle. Le nuvole ci passano sopra notte e giorno. Gli oceani si alzano e ricadono. Qualsiasi cosa possiate aver sentito, questo è il nostro mondo, il posto in cui dobbiamo stare. Qualsiasi cosa vi abbiano detto, le nostre bandiere sventolano libere. Il nostro cuore va avanti per sempre. Gente della Terra, ricordate.

95 TESI

  1. I mercati sono conversazioni.
  2. I mercati sono fatti di esseri umani, non di segmenti demografici.
  3. Le conversazioni tra esseri umani suonano umane. E si svolgono con voce umana.
  4. Sia che fornisca informazioni, opinioni, scenari, argomenti contro o divertenti digressioni, la voce umana è sostanzialmente aperta, naturale, non artificiosa.
  5. Le persone si riconoscono l’un l’altra come tali dal suono di questa voce.
  6. Internet permette delle conversazioni tra esseri umani che erano semplicemente impossibili nell’era dei mass media.
  7. Gli iperlink sovvertono la gerarchia.
  8. Sia nei mercati interconnessi che tra i dipendenti delle aziende intraconnessi, le persone si parlano in un nuovo modo. Molto più efficace.
  9. Queste conversazioni in rete stanno facendo nascere nuove forme di organizzazione sociale e un nuovo scambio della conoscenza.
  10. Il risultato è che i mercati stanno diventando più intelligenti, più informati, più organizzati. Partecipare a un mercato in rete cambia profondamente le persone.
  11. Le persone nei mercati in rete sono riuscite a capire che possono ottenere informazioni e sostegno più tra di loro, che da chi vende. Lo stesso vale per la retorica aziendale circa il valore aggiunto ai loro prodotti di base.
  12. Non ci sono segreti. Il mercato online conosce i prodotti meglio delle aziende che li fanno. E se una cosa è buona o cattiva, comunque lo dicono a tutti.
  13. Ciò che accade ai mercati accade anche a chi lavora nelle aziende. L’entità metafisica chiamata “L’Azienda” è la sola cosa che li divide.
  14. Le aziende non parlano con la stessa voce di queste nuove conversazioni in rete. Vogliono rivolgersi a un pubblico online, ma la loro voce suona vuota, piatta, letteralmente inumana.
  15. Appena tra qualche anno, l’attuale “omogeneizzata” voce del business – il suono della missione aziendale e delle brochures – sembrerà artefatta e artificiale quanto il linguaggio della corte francese nel settecento.
  16. Le aziende che parlano il linguaggio dei ciarlatani già oggi non stanno più parlando a nessuno.
  17. Se le aziende pensano che i loro mercati online siano gli stessi che guardavano le loro pubblicità in televisione, si stanno prendendo in giro da sole.
  18. Le aziende che non capiscono che i loro mercati sono ormai una rete tra singoli individui, sempre più intelligenti e coinvolti, stanno perdendo la loro migliore occasione.
  19. Le aziende possono ora comunicare direttamente con i loro mercati. Se non lo capiscono, potrebbe essere la loro ultima occasione.
  20. Le aziende devono capire che i loro mercati ridono spesso. Di loro.
  21. Le aziende dovrebbero rilassarsi e prendersi meno sul serio. Hanno bisogno di un po’ di senso dell’umorismo.
  22. Avere senso dell’umorismo non significa mettere le barzellette nel sito web aziendale. Piuttosto, avere dei valori, un po’ di umiltà, parlar chiaro e un onesto punto di vista.
  23. Le aziende che cercano di “posizionarsi” devono prendere posizione. Nel migliore dei casi, su qualcosa che interessi davvero il loro mercato.
  24. Vanterie ampollose del tipo “Siamo posizionati per essere il primo fornitore di XYZ” non costituiscono un posizionamento.
  25. Le aziende devono scendere dalla loro torre d’avorio e parlare con la gente con la quale vogliono entrare in contatto.
  26. Le Pubbliche Relazioni non si relazionano con il pubblico. Le aziende hanno una paura tremenda dei loro mercati.
  27. Parlando con un linguaggio lontano, poco invitante, arrogante, tengono i mercati alla larga.
  28. Molti programmi di marketing si basano sulla paura che il mercato possa vedere cosa succede realmente all’interno delle aziende.
  29. Elvis l’ha detto meglio di tutti: “Non possiamo andare avanti sospettandoci a vicenda”.
  30. La fedeltà a una marca è la versione aziendale della coppia fissa, ma la rottura è inevitabile ed è in arrivo. Poiché sono in rete, i mercati intelligenti possono rinegoziare la relazione con incredibile rapidità.
  31. I mercati in rete possono cambiare fornitore dalla sera alla mattina. I lavoratori della conoscenza in rete possono cambiare datore di lavoro nel tempo dell’intervallo del pranzo. Le vostre “iniziative di downsizing” ci hanno insegnato a domandarci “La fedeltà? Cos’è?”
  32. I mercati intelligenti troveranno i fornitori che parlano il loro stesso linguaggio.
  33. Imparare a parlare con voce umana non è un gioco di società. E non può essere improvvisato a un qualsiasi convegno solo per darsi un tono.
  34. Per parlare con voce umana, le aziende devono condividere i problemi della loro comunità.
  35. Ma prima, devono appartenere a una comunità.
  36. Le aziende devono chiedersi dove finisce la loro cultura di impresa.
  37. Se la loro cultura finisce prima che inizi la comunità, allora non hanno mercato.
  38. Le comunità umane sono basate sulla comunicazione – su discorsi umani su problemi umani.
  39. La comunità della comunicazione è il mercato.
  40. Le aziende che non appartengono a una comunità della comunicazione sono destinate a morire.
  41. Le aziende fanno della sicurezza una religione, ma si tratta in gran parte di una manovra diversiva. Più che dai concorrenti, la maggior parte si difende dal mercato e dai suoi stessi dipendenti.
  42. Come per i mercati in rete, le persone si parlano direttamente anche dentro l’azienda – e non proprio di regole e regolamenti, comunicazioni della direzione, profitti e perdite.
  43. Queste conversazioni si svolgono oggi sulle intranet aziendali. Ma solo quando ci sono le condizioni.
  44. Di solito le aziende impongono l’intranet dall’alto, per distribuire documenti sulla politica del personale e altre informazioni aziendali che i dipendenti fanno del loro meglio per ignorare.
  45. Le intranet emanano noia. Le migliori sono quelle costruite dal basso da singole persone che si impegnano per dare vita a qualcosa di molto più valido: una conversazione aziendale in rete.
  46. Una intranet in buona salute organizza i dipendenti nel più ampio significato del termine. Il suo effetto è più radicale di qualsiasi piattaforma sindacale.
  47. Se questo spaventa a morte le aziende, è pur vero che esse dipendono fortemente dalle intranet aperte per far emergere e condividere le conoscenze più importanti. Devono resistere all’impulso di “migliorare” o tenere sotto controllo queste conversazioni in rete.
  48. Quando le intranet aziendali non sono condizionate da timori o da un eccesso di regole, incoraggiano un tipo di conversazione molto simile a quella dei mercati in rete.
  49. Gli organigrammi funzionavano nella vecchia economia, in cui i piani dovevano essere ben compresi da tutta la piramide gerarchica e dettagliati piani di lavoro potevano scendere dall’alto.
  50. Oggi, l’organigramma è fatto di link, non di gerarchie. Il rispetto per la conoscenza vince su quello per l’autorità astratta.
  51. Gli stili di management basati sul comando e sul controllo derivano dalla burocrazia e al tempo stesso la rafforzano. Il risultato sono la lotta per il potere e una cultura di impresa paranoica.
  52. La paranoia uccide la conversazione. Questo è il punto. Ma la mancanza di conversazione uccide le aziende.
  53. Ci sono due conversazioni in corso. Una all’interno dell’azienda, l’altra con il mercato.
  54. Nessuna delle due va bene, nella maggior parte dei casi. Quasi sempre, alla base del fallimento ci sono le vecchie idee di comando e controllo.
  55. Come politica di impresa, queste idee sono velenose. Come strumenti, sono fuori uso. Comando e controllo sono visti con ostilità dai lavoratori della conoscenza e con sfiducia dai mercati online.
  56. Queste due conversazioni vogliono parlare l’una con l’altra. Parlano lo stesso linguaggio. Si riconoscono l’un l’altra dalla voce.
  57. Le aziende intelligenti si faranno da parte per far accadere l’inevitabile il prima possibile.
  58. Se la volontà di farsi da parte è presa come parametro del quoziente di intelligenza, allora veramente poche aziende si mostrano rinsavite.
  59. Seppur subliminalmente, milioni di persone sulla rete percepiscono ormai le aziende come strane finzioni legali che fanno di tutto perché queste due conversazioni non si incontrino.
  60. Questo è suicidio. I mercati vogliono parlare con le aziende.
  61. E’ triste, ma la parte di azienda con cui i mercati vogliono parlare è spesso nascosta dietro una cortina di fumo, il cui linguaggio suona falso – e spesso lo è.
  62. I mercati non vogliono parlare con ciarlatani e venditori ambulanti. Vogliono partecipare alle conversazioni che si svolgono dietro i firewall delle aziende.
  63. Sveliamoci e parliamo di noi: quei mercati siamo Noi. Vogliamo parlare con voi.
  64. Vogliamo accedere alle vostre informazioni, ai vostri progetti, alle vostre strategie, ai vostri migliori cervelli, alle vostre vere conoscenze. Non ci accontentiamo delle vostre brochures a 4 colori, né dei vostri siti Internet sovraccarichi di bella grafica ma senza alcuna sostanza.
  65. Noi siamo anche i dipendenti che fanno andare avanti le vostre aziende. Vogliamo parlare ai clienti direttamente, con le nostre voci e non con i luoghi comuni delle brochures.
  66. Come mercati, come dipendenti, siamo stufi a morte di ottenere le informazioni da un lontano ente di controllo.
  67. Come mercati, come dipendenti, ci domandiamo perché non ci ascoltate. Sembrate parlare una lingua diversa.
  68. Il linguaggio tronfio e gonfio con cui parlate in giro – nella stampa, ai congressi – cosa ha a che fare con noi?
  69. Forse fate una certa impressione sugli investitori. Forse fate una certa impressione in Borsa. Ma su di noi non fate alcuna impressione.
  70. Se non fate alcuna impressione su di noi, i vostri investitori possono andare a fare un bagno. Non lo capiscono? Se lo capissero, non vi lascerebbero parlare così.
  71. Le vostre vecchie idee di “mercato” ci fanno alzare gli occhi al cielo. Non ci riconosciamo nelle vostre previsioni – forse perché sappiamo di stare già da un’altra parte.
  72. Questo nuovo mercato ci piace molto di più. In effetti, lo stiamo creando noi.
  73. Siete invitati, ma è il nostro mondo. Levatevi le scarpe sulla soglia. Se volete trattare con noi, scendete dal cammello.
  74. Siamo immuni dalla pubblicità. Semplicemente dimenticatela.
  75. Se volete che parliamo con voi, diteci qualcosa. Tanto per cambiare, fate qualcosa di interessante.
  76. Abbiamo qualche idea anche per voi: alcuni nuovi strumenti, alcuni nuovi servizi. Roba che pagheremmo volentieri. Avete un minuto?
  77. Siete troppo occupati nel vostro business per rispondere a un’e-mail? Oh, spiacenti, torneremo. Forse.
  78. Volete i nostri soldi? Noi vogliamo la vostra attenzione.
  79. Interrompete il viaggio, uscite da quell’auto-coinvolgimento nevrotico, venite alla festa.
  80. Niente paura, potete ancora fare soldi. A patto che non sia l’unica cosa che avete in mente.
  81. Avete notato che di per sé i soldi sono qualcosa di noioso e a una sola dimensione? Di cos’altro possiamo parlare?
  82. Il vostro prodotto si è rotto. Perché? Vorremmo parlare col tipo che l’ha fatto. La vostra strategia aziendale non significa niente. Vorremmo scambiare due parole con l’amministratore delegato. Che vuol dire che “non c’è”?
  83. Vogliamo che prendiate sul serio 50 milioni di noi almeno quanto prendete sul serio un solo reporter del Wall Street Journal.
  84. Conosciamo alcune persone della vostra azienda. Sono piuttosto bravi online. Ne nascondete altri, di bravi? Possono uscire ed entrare in gioco anche loro?
  85. Quando abbiamo delle domande, ci cerchiamo l’un l’altro per le risposte. Se non esercitaste un tale controllo sulle “vostre persone”, sarebbero anche loro tra le persone che cercheremmo.
  86. Quando non siamo occupati a fare il vostro “mercato target”, molti di noi sono le vostre persone. Preferiamo chiacchierare online con gli amici che guardare l’orologio. Questo farebbe conoscere il vostro nome molto di più del vostro sito internet da un milione di dollari. Ma siete voi a dirci che è la Divisione Marketing che deve parlare al mercato.
  87. Ci piacerebbe che sapeste cosa sta succedendo qui. Sarebbe davvero bello. Ma sarebbe un grave errore pensare che ce ne stiamo con le mani in mano.
  88. Abbiamo di meglio da fare che preoccuparci se riuscirete a cambiare in tempo. Il business è solo una parte della nostra vita. Sembra essere invece tutta la vostra. Pensateci: chi ha bisogno di chi?
  89. Il nostro potere è reale e lo sappiamo. Se non riuscite a vedere la luce alla fine del tunnel, arriverà qualcuno più attento, più interessante, più divertente con cui giocare.
  90. Anche nel peggiore dei casi, la nostra nuova conversazione è più interessante della maggior parte delle fiere commerciali, più divertente di ogni sitcom televisiva, e certamente più vicina alla vita di qualsiasi sito web aziendale.
  91. Siamo leali verso noi stessi, – i nostri amici, i nostri nuovi alleati, i nostri conoscenti, persino verso i nostri compagni di battute. Le aziende che non fanno parte di questo mondo non hanno nemmeno un futuro.
  92. Le aziende stanno spendendo miliardi di dollari per il problema dell’Anno 2000. Come fanno a non sentire la bomba a orologeria nei loro mercati? La posta in gioco è persino più alta.
  93. Siamo dentro e fuori le aziende. I confini delle nostre conversazioni sembrano il Muro di Berlino di oggi, ma in realtà sono solo una seccatura. Sappiamo che stanno crollando. Lavoreremo da entrambe le parti per farle venire giù.
  94. Alle aziende tradizionali le conversazioni online possono sembrare confuse. Ma ci stiamo organizzando più rapidamente di loro. Abbiamo strumenti migliori, più idee nuove, nessuna regola che ci rallenti.
  95. Ci stiamo svegliando e ci stiamo linkando. Stiamo a guardare, ma non ad aspettare.

Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls, 1999

http://www.cluetrain.com/

Lunga vita al brand

Molti di voi, suppongo tutti quelli che hanno superato gli “anta” ricorderanno la Philco, marchio di elettrodomestici diventato famoso negli Anni ’60 grazie ad una serie fortunata di carosello con Nino Manfredi.

Qui ne trovate un simpatico esempio: http://www.youtube.com/watch?v=3rYWoEeTjBE

Tuttavia, come è accaduto a tanti nomi famosi di quegli anni, dopo un susseguirsi di cessioni o di trasformazioni la Philco è di fatto scomparsa dal mercato da circa 20 anni. Passeggiando ho  trovato una vecchia insegna del glorioso marchio all’esterno di un negozio e ciò mi dà lo spunto per parlare del valore che possiede un brand.

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A seguito di merge and acquisition la gran parte delle Big Pharma si è trovata nel listino decine o addirittura centinai di brand tra etici, integratori, ospedalieri, con le relative formulazioni. Inoltre, per far fronte all’avanzata dei generici la gran parte delle case farmaceutiche  ha arricchito il proprio listino con divisioni di “generici a marchio”, combattendo così la guerra dell’equivalente sul suo stesso terreno. L’immediata conseguenza di questa politica è stata la contrazione degli investimenti sui farmaci maturi trattandoli tutti, indifferentemente, come cash cow, a volte senza un’analisi delle singole caratteristiche del medicinale e delle  dinamiche del mercato.

La logica contrazione delle vendite ha poi condannato  molti prodotti, il cui fatturato complessivo sarebbe stato invece per una piccola o media azienda una tigre da cavalcare, ad un ruolo marginale. Tra l’altro in diversi casi il marchio era conosciuto ma solo nelle singole nazioni dove era commercializzato, per cui, secondo le dinamiche di una grande multinazionale, questi farmaci erano considerati irrilevanti pur avendo fatturati anche di 5 milioni di euro, condannandoli così all’esaurimento per consunzione e quindi alla fine della produzione.

Questa insegna della Philco ci suggerisce quanto sia sbagliato questo atteggiamento:  il brand è prezioso e dura anche molto più dei manager. Ha un valore intrinseco duraturo che gli permette di superare le barriere del tempo e di continuare a vivere nel percepito del consumatore per anni. Inoltre il brand diventa parte integrante del proprio vissuto e può essere rivitalizzato con risultati economici brillanti. E’ necessario analizzarlo e comprendere i significati che porta con sé, studiarlo oltre il posizionamento che ha avuto in origine ma analizzarne l’attuale percepito e valorizzandone gli elementi distintivi.

I brand forti, secondo la mia piccola esperienza, hanno poi un gran dono: sono molto responsivi, “risuonano” se toccati opportunamente come un diapason ed emettono un suono chiaro e squillante. Il brand è vivo e produttivo e può sopravvivere all’eutanasia: lasciamoli vivere e fruttare.

E poi: avete notato gli altri marchi vicini a Philco? Singer e Permaflex, anche loro condannati ad una morte prematura.

Vincono le locuste

Scusate se vi parlo di finanza, ma mi piacerebbe condividere alcune riflessioni che ho fatto in questi giorni. Anzi, una breve ricerca partendo dai fatti.

La Grecia ha circa: 10mio popolazione, un Pil di 301.000 miliardi per 27.000 euro di reddito pro capite annuo

L’Italia ha circa 60 mio popoloazione, un Pil di 2 mio miliardi per 33.000 euro di reddito pro capite annuo

La Germania: ha circa 80 mio popoloazione, un Pil di 3,5 mio miliardi per 43.000 euro di reddito pro capite annuo

L’Argentina, nell’anno della crisi e della svalutazione era 37 mio popolazione, un Pil di 102 miliardi per un reddito di 3.000 euro pro capite annuo.

Il problema della grecia è dei greci, che oggi non sono consapevoli di cosa comporta una svalutazione ed una uscita dall’euro: probabilmente il reddito pro capite annuo potrebbe per i prossimi anni nel loro paese essere paragonabile a quello argentino nella crisi, ovvero 10 volte inferiore a quello attuale.

Il problema è forse dell’Italia che ha una immagine all’estero di scarsa stabilità, anche se il Pil greco è quello di 5 milioni di abitanti di una area produttiva italiana.

Il problema non è europeo, in quanto il Pil greco nell’eurozona è inferiore all’1%.

Ma il mio punto di vista è che la svalutazione greca consentirà ancora una volta alle locuste finanziarie di vincere, queste non investono in attività produttive ma muovono capitali per divorare ciò che è più debole, partendo dal basso e, diventando sempre più forti e potenti, passano a bruciare ciò che c’è più in alto, e poi più in alto ancora. Sempre più grasse e forti, sempre più determinate e potenti.

L’articolo settimanale di Walter Riolfi sul Sole24Ore: siamo fuori dagli interessi finanziari in quanto gli investitori hanno già deciso che la Grecia va fuori dall’Euro e hanno già deciso che la BCE non è abbastanza forte.

Il profitto finanziario oggi così ricco assorbe investimenti produttivi e mercantili e tutto il mondo diventa più povero.

Meno investimenti, più leve finanziarie: i ricchi più ricchi,  i poveri più poveri.

Non sotto il mio regno

Da anni l’argomento del lento cambiamento del mercato farmacia e delle abitudini mentali dei titolari tiene banco. La gran parte delle volte però le acute riflessioni sull’adattamento alle dinamiche del mercato “consumer e grande distribuzione” e quelle di evoluzione dei servizi resi dalla farmacia al cittadino, si scontrano.

Vorrei mettere in evidenza alcuni aspetti recenti.

L’affluenza alla fiera Cosmofarma appena conclusa è stata largamente inferiore a quella degli scorsi anni e l’attrattiva e l’interesse che gli operatori e gli investitori hanno avuto non ha ripagato gli sforzi commerciali.

L’iniziativa decisamente astuta di farmaCHL, con la spedizione di una missiva a tutti i farmacisti paventando aperture nelle contiguità di ogni singola sede farmaceutica  (pubblicata a fianco) lascia sinceramente sorpresi.

L’apertura di oltre 3.500 farmacie e più nel brevissimo volgere del prossimo anno grazie al decreto in corso. (vedi il dettaglio in filmato)

Il decreto “delisting” che di fatto ha lasciato le parafarmacie fuori dal mercato includendo solo pochi otc alla lista dei prodotti che sono vendibili nei corner.

Il decreto servizi del 16 dicembre 2010 che avrebbe potuto spingere nella direzione del progressivo cambiamento della modalità in cui la farmacia approccia il proprio territorio ed il cittadino paziente, che è invece resto nella gran parte dei casi, sulla carta inapplicato.

Il numero crescente di farmacie in difficoltà finanziarie a causa: dei ritardi di pagamento delle strutture sanitarie, una riduzione generale dei margini lordi, una pressione di continua crescita delle immobilizzazioni di magazzino, la contrazione del credito.

Le facoltà di farmacia da sempre non formano in modo sufficiente sui temi della gestione aziendale gli studenti futuri titolari e collaboratori.

Ebbene tutti questi elementi concreti, che vanno oltre la mia valutazione personale, possono essere letti con una chiave comune.

La farmacia che non cambia in un mercato che è  in mutamento viene messa in difficoltà.

La necessità di guidare imprenditorialmente l’azienda farmacia è un must e le competenze commerciali e gestionali non le sono proprie. Nei prossimi anni il processo di accelerazione porterà nuove difficoltà e nuove opportunità in farmacia. I titolari e le aziende farmaceutiche ne sono consapevoli ma operano come se ciò non dovesse avvenire sotto il proprio regno e attendono segnali ancora più evidenti. I prossimi saranno più preoccupanti ed il regno sarà in pericolo.

Il marketing discutibile

“Il marketing è morto in quanto sono esaurite le due condizioni che lo nutrivano: primo, che le persone non potessero parlare facilmente e direttamente tra loro, secondo, che il canale di trasmissione fosse concentrato, semplice e direttamente controllabile”. Questo è quanto afferma Gianluca Diegoli nel suo gustosissimo manualetto di [mini]marketing dal titolo “91 discutibili tesi per un marketing diverso”. Diegoli in qualche modo lancia una sorta di monito alle aziende e al tempo stesso traccia un punto della situazione molto chiaro e lucido circa lo stato attuale del marketing e delle sue leve.

Proviamo a discuterne la prima. E’ indubbio che, fino a qualche tempo fa, il canale di comunicazione con il consumatore fosse concentrato, semplice e direttamente controllabile. Infatti, con uno spot, trasmesso all’ora giusta e sulle tre reti televisive, si era certi di raggiungere la quasi totalità del mercato. Quindi si  realizzava lo spot, si caricava la distribuzione ed il prodotto si vendeva da “solo”. Questo, mutatis mutandis, era quanto avveniva nel farmaceutico. Dalla casa madre giungeva un prodotto,o di ricerca o di licensing, talvolta su target nuovi e non visitati, il budget ed il posizionamento. Il lavoro del marketing era quindi quello di suddividere la spesa in field e supporto allo stesso, caricare la distribuzione e analizzare i dati Ims. Progettare, per il marketing molto tradizionale era individuare le aree di supporto alla rete con azioni sui KOL, congressi, gardget.

Il costo del canale della field force e la difficoltà di raggiungere il target ha segnato la differenza nel marketing attuale. Oggi anche disponendo di una nuova linea di prodotti, nessun manager potrebbe più operare in tal modo: non ci sono budget sufficienti e soprattutto non vi sono previsioni di ricavi tali da garantire sufficienti ritorni. Nello scenario attuale è chiaro quindi che è possibile gestire un prodotto maturo, o in fase di lancio, o supportare una specialità già promozionata, solo con un giusto marketing mix che includa tutti i possibili strumenti disponibili nella propria “cassetta degli attrezzi”.

Come spesso accade, alcuni analisti sbagliano previsioni, quando si fanno strada nuove tecnologie: c’è chi aveva  previsto la scomparsa della carta quando è cominciata la rivoluzione del PC (oggi si consuma più carta di prima) e l’abbandono delle email quando è iniziato facebook (famosa l’errata previsione del NYT). Allo stesso modo, sia per semplicità, sia per profitto, oggi sembrano essere presenti due filoni di pensiero: chi ritiene che nulla si possa lanciare o supportare senza una field force massiccia e chi ritiene che oggi non occorra più alcun isf.

Dall’esperienza che stiamo vivendo appare invece evidente la poco originale analisi, che per un mondo più complesso, per mercati più complessi, occorre un mix di strumenti, che bisogna saper maneggiare.

In occasione del lancio di un nuovo prodotto,una multinazionale che ha adottato severo modello di misura, ha progettato con noi un piano articolato, che ha visto in campo una rete di isf in CSO (contract selling organization) con una copertura contenuta (meno di un quarto del target), la quota restante è stata visitata con phone-detaling. I contenuti dell’ e-detailing erano sia contenuti promozionali che scientifici con report congressi e fad.

Ad entrambi le reti (quella frontale e quella remota) è stato dato un progetto di e-detailing, che aveva anche una sua invitation autonoma.

Con circa un terzo del budget necessario alla copertura integrale con rete di isf frontale, si è potuto visitare il 75% del target con una media di 6 visite l’anno oltre ad una quota di FTE effettuata via e-detailing.

Il successo è quindi venuto dall’integrazione proprio dei canali che Diegoli opportunamente segnalava come incontrollabili. È vero quindi che oggi i canali sono più complessi ma da questo nascono nuove opportunità di marketing.

Il marketing non è morto, è anzi più vivo che mai, se si rinnova.


Ma dove si aspettano di investire?

I responsabili farmaceutici sono stati intervistati da Booz&Co sulle loro tendenze di investimento.

Vi allego il report.

La prima riflessione è che non si può realizzare una analisi compiuta sul percepito e sui comportamenti nell’area occidentale del marketing farmaceutico intervistando 150 manager. Il dato che si trae è assolutamente vago ed inpreciso. Può dere una idea sulle tendenze ma non può essre valutato quantitativamente.

Ma la seconda è più tagliente: è mai possibile che valutino ancora di investire in mezzi e non in relazioni?

BoozCo-Pharmaceutical-Sales-Marketing-Trends-National-Analysts-2011